Immunoterapia sempre più costosa anche quando funziona poco

Negli ultimi dieci anni, grazie all’avvento dell’immunoterapia, tumori che in passato non lasciavano scampo oggi possono essere affrontati con successo. Intendiamoci: di tumore si muore ancora ma grazie a queste molecole il cancro sta diventando una malattia cronica. Il problema però è il prezzo: i nuovi farmaci costano, e tanto. Non solo, il costo nel tempo è andato ad aumentare indipendentemente dal beneficio clinico. Ad affermarlo è uno studio da poco pubblicato dalla rivista Journal of Oncology Practice.

I costi non seguono una logica precisa

A lanciare l’allarme sull’andamento dei prezzi non sempre in linea con il reale valore del farmaco era stata, già nel 2016, un’analisi comparsa su JAMA Oncology. Lo studio analizzava l’andamento dei prezzi delle 51 molecole anticancro approvate dalla FDA –l’ente statunitense che regola l’immissione dei farmaci nel mercato- tra il 2009 e il 2013. Seppur riferita solo agli Stati Uniti, l’analisi affermava che il prezzo di queste molecole non correla né all’entità degli investimenti di ricerca -nessuna differenza tra innovativi e di successiva generazione- né all’efficacia terapeutica, né ai volumi di impiego. Ora l’ultimo studio pubblicato non fa altro che ribadire il concetto.

Efficacia e costi non vanno di pari passo

«La situazione –spiega il dottor Giordano Beretta, responsabile dell’Oncologia medica dell’ospedale Humanitas Gavazzeni e presidente eletto dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM)- non è di certo una novità. Possiamo affermarlo chiaramente: oggi il costo di diversi antitumorali non è il linea con la loro efficacia. Ciò non significa che usiamo molecole che non funzionano, tutt’altro. I nuovi farmaci hanno portato a grandi risultati ma il loro costo è sproporzionato rispetto al beneficio clinico aggiuntivo di ciò che già c’era in commercio».

Non sempre sappiamo chi risponderà ai farmaci

Per rendere l’idea l’assistenza complessiva (farmaci e non solo) a un malato di cancro costa intorno ai 40 mila euro l’anno che, con gli immunoterapici, raggiunge e supera i 100 mila euro. Di ricette per contenere i costi ce ne sono diverse ma uno dei punti su cui agire è l’appropriatezza nella prescrizione dei farmaci. «Oggi –spiega Beretta- abbiamo a disposizione degli immunoterapici che hanno cambiato la storia di molti tumori. Il punto è che queste molecole non funzionano in tutti i malati. Allo stato attuale delle conoscenze però non abbiamo a disposizione dei criteri specifici – i cosiddetti fattori predittivi- per individuare i pazienti ideali che risponderanno ad una determinata terapia».

Investire in test predittivi

Ma è proprio questo il punto cruciale. Selezionare solo chi risponderà –ad oggi si calcola che l’immunoterapia funzioni nel 30-40% dei pazienti- è di fondamentale importanza non solo per il malato ma anche per tutto il sistema. In questo modo è possibile curare meglio, risparmiando.  «Per riuscire ad arrivare a prescrivere in maniera mirata è fondamentale investire maggiormente in ricerca. Tutti gli sforzi si stanno dirigendo in questa direzione, ovvero mettere a punto strumenti in grado di identificare se un malato risponderà o meno ad una determinata terapia. In quest’ottica però molto devono fare le aziende farmaceutiche. Ecco perché una delle possibili soluzioni future è che in fase di registrazione del farmaco venga chiesto a chi produce la molecola di indicare nel tempo le caratteristiche del paziente che risponderà al trattamento. Un vincolo in grado di stimolare ad investire ancor di più sulla ricerca dei marcatori predittivi di risposta» conclude Beretta.

(articolo tratto da La Stampa, 17 maggio 2018)

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